Giovanni Termini

Giovanni Termini

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DAL 11/02/2017
al 14/03/2017

Giovanni Termini "innesti"

a cura di Silvia Evangelisti

Opening

Sabato 11 febbraio 2017, ore 18,00
All’inaugurazione sarà presente l’artista

La mostra resterà aperta fino al 14 marzo 2017
Catalogo in galleria

INNESTI

Giovanni Termini è artista di installazioni ma con una prerogativa. Dopo aver visitato e conosciuto lo spazio dove avverrà la mostra, prende tempo e intanto immagina. Per lui contano il luogo e i luoghi, contano i dintorni, contano le sensazioni. Contano le persone che in questo luogo si muovono, vivono. Fanno. Tutto questo ispira concretamente l'opera; è l'anima.

Giovanni Termini è un capomastro: qui, in galleria per due giorni ha diretto muratori, carpentieri, elettricisti. Per un'installazione, il cuore centrale della mostra, che parla di costrizione della natura. Del rapporto, come scrive Silvia Evangelisti nel catalogo per INNESTI, tra il singolo, l'uomo e la città. In una Pistoia che di natura vive e dunque dovrebbe porsi questa riflessione. Antica ma sempre attuale, se è ancora capace di ispirare il lavoro degli artisti.

La mostra si snoderà negli spazi della galleria con la due grandi installazioni site specific, sei carte di varie dimensioni e la scultura la cui immagine è divenuta il manifesto del 61° premio letterario Ceppo.

Dal cataologo della mostra:

CONVERSAZIONE FRA SILVIA EVANGELISTI E GIOVANNI TERMINI

Franco Rella ha scritto che "Lo spazio del moderno è lo spazio labirintico della metropoli. L'uomo che abita questo spazio deve imparare a perdersi in esso. Il limiti consueti sono infranti: il mostruosamente grande della 'grande città' ha spezzato definitivamente l'ordine organico in cui venivano coordinate le esperienze. Quello che era 'ordine' è ormai diventato uno spazio frammentario e incomponibile."

(F.Rella, Miti e figure del moderno, Feltrinelli, Milano 1993 (1981) p.24

Nei tuoi lavori c'è sempre un rapporto tra il singolo, l'uomo e la città, lo spazio urbano dove l'esterno sembra sovrastare l'uomo, quasi fagocitarlo.

In questa mostra, questa idea generale è rivolta alla natura. Un'idea di natura che vive in uno spazio metropolitano.

Come in altri miei progetti recenti, per me è importante non tanto l'esporre le mie opere, ma relazionarmi con il contesto. I lavori nascono proprio dai rapporti che si costruiscono di volta in volta. Il titolo "Innesti" si riferisce all'innesto che esiste tra natura e uomo. A me interessa parlare dell'uomo.

Arrivando a Pistoia - che ho visitato varie volte in passato per la Fattoria di Celle, uno degli esempi maggiori in Europa e forse del mondo di come l'arte si rapporti con la natura, visto che è una collezione nella natura - vedendo lungo la strada la fila dei vivai, ho percepito un'idea di natura addomesticata. Quasi una contraddizione del concetto di natura che noi abbiamo oggi.

Attraversando la parte centrale dell'Italia, dalle Marche alla Toscana, si percepisce immediatamente la differenza tra i paesaggi: il marchigiano, l'umbro, il toscano: sono fascini diversi.

Io vivo nelle Marche, dove il paesaggio è quasi greve - la montagna è montagna, il bosco è il bosco. La Toscana ha un fascino diverso: sembra ancora oggi di essere dentro una pittura del '500, con le prospettive perfette create dai cipressi, quasi quinte scenografiche. Amo molto questo, perchè sento l'uomo che interagisce fisicamente con la pianta. In mostra ci saranno alcune grandi installazioni, insieme a un gruppo di "carte" (non li chiamo disegni perchè per me la carta è già materia). In queste carte, che hanno lo stesso titolo della mostra, si percepisce l'idea di progetto. All'interno di esse vengono innestati, quasi fossero una sorta di appunti o di scrittura, immagini che traducono un’idea come di “addomesticamento” della pianta, dalla nascita fino alla commercializzazione. L'idea centrale del progetto, in realtà, l'avevo già dentro di me; una volta, uscendo dall'autostrada a Pistoia, ho avuto la sensazione di essere avvolto dalle piante, quasi sovrastato, come se i vivai li avessi addosso. E come avviene per tutti miei lavori, le impressioni che nascono dal luogo sono il presupposto per la realizzazione delle opere.

Nei lavori per questa mostra entra la natura nella sua fisicità, con piante vive. Ma la natura è compressa, quasi schiacciata dal cemento, dal soffitto, dai materiali da costruzione, come se combattesse una battaglia per la propria sopravvivenza.

Che rapporto c'è nella tua opera tra "naturale" e "artificiale" o, meglio, come affronti il tema del rapporto tra uomo e natura nella nostra società postindustriale?

Nel " Manifesto del terzo paesaggio" di Gilles Clément l'autore scrive che se oggi noi dobbiamo pensare ad un'idea di natura, paradossalmente la natura è quella nei luoghi a lei non deputati. Ad esempio negli spartitraffico o ai bordi delle strade. In luoghi cioè che non vengono considerati dall'uomo come "paesaggio", dove la natura si crea autonomamente un habitat che risponde a se stesso.

In questa mostra ho cercato di vedere l'uomo e la natura in cui egli vive, senza voler in alcun modo "sentenziare" o asserire nulla.

L'importante è relazionarmi con le cose al momento; fare una mostra a Palermo o a Pistoia sono per me due cose assolutamente diverse: le mostre non sono "trasferibili" da un luogo ad un'altro. Sono il frutto di idee e pensieri che quel determinato territorio mi ha trasmesso, e i lavori sono realizzati con i materiali che trovo in quel luogo, con elementi residuali trovati lì.

Ogni mostra, dunque, per te è un rimettere in discussione il tuo rapporto con le cose, è come un ricominciare da capo a pensare un progetto di opera. E così ogni mostra diviene una sorta di opera in sè. La mostra come opera?

In un certo senso è così. Io non produco il lavoro e poi lo porto in mostra. Se questo accade, è sempre un'idea di progetto che espongo. In realtà mi piace molto anche costruire la mostra e lavorare con le persone del luogo: a Palermo, ad esempio, sono stato aiutato da alcuni ragazzi che erano arrivati da poco in Sicilia su barconi, a Pesaro hanno lavorato con me carpentieri pesaresi. E poi tutti sono venuti all'inaugurazione della mostra. E' stato bellissimo.

Anche a Pistoia sta avvenendo questo, con gli operai. Una bella mostra, per me, richiede la collaborazione di esperti: permetto a loro di divagare ma non troppo, per citare il titolo di una mia opera del 2008. L'installazione, presente alla Quadriennale di Roma lo stesso anno, era incentrata su un progetto particolare: realizzare una sorta di magazzino, di uno spazio all'interno del quale si potevano disporre le opere. Il senso che volevo dare era quello dello spazio; lo spazio dove sarebbero dovute andare le opere, le mie opere. E le opere erano delle casse sistemate in modo quasi costruttivista ad occupare lo spazio.

Un gioco dell'assenza più che della presenza....

In quel lavoro, presentavo un progetto che apparteneva, in realtà, più al metalinguaggio: non presentavo l'opera ma presentavo qualcosa che permetteva all'opera di essere presente in quel contesto, in quel momento. Qualcosa che aveva a che fare con il percorso per arrivare all'opera più che l'opera stessa. E' come se avessi allestito una mostra in previsione del fatto che avrei poi realizzato un'opera.

Altri due eventi che si terranno all'interno della mostra di Giovanni Termini per il 61° premio letterario Ceppo:

Venerdi 24 febbraio ore 18,30

Omaggio alla poetessa Forough Farrokhzad

con Marina Neimat e Afshin Raoufi

Sabato 6 marzo ore 18,30

conversazione tra arte, letteratura e diritti umani

con Jasper Svembro e Giovanni Termini, autore del manifesto del 61° premio letterario il Ceppo